Il coraggio dei Medici Volontari Italiani
A fine marzo è accaduta una cosa straordinaria, nel vero senso della parola, cioè una cosa fuori dall’ordinario. Va da sé che fosse necessario uscire dai binari consueti per affrontare un’emergenza come quella attuale. La gestione di una macchina così poderosa come quella che si è dovuta creare in tempi rapidissimi attorno alla pandemia da coronavirus è complessa, e se non si fa tutto per bene si rischia di pagare cari gli errori. Tuttavia, dal 30 marzo, il Comune di Milano è stato in grado di mettere insieme mondi che non sempre si incontrano, o comunque difficilmente in modo così evidente e autentico: assessorato all’Urbanistica e al Welfare, Comune e Regione, pubblico e privato, per dirne alcuni.
Tutto questo assume una forma, ed è quella dell’Hotel Michelangelo, dove con la regia degli assessori Maran e Rabaiotti, con il sindaco Sala e la vice sindaco Scavuzzo, si è preso un accordo con la proprietà dell’Hotel, il Gruppo Finleonardo, ATS e ASST per accogliere le persone che escono dall’ospedale, ma non possono ancora tornare a casa. I nostri Medici Volontari Italiani fanno su e giù per i piani dell’hotel per prendersi cura delle persone. Sentiamo le parole di Faustino Boioli, il presidente dell’associazione.
Cosa succede all’Hotel Michelangelo?
Stiamo facendo sorveglianza sanitaria a una popolazione specifica, che è quella che è stata in ospedale e che ha finito l’iter clinico, nel senso che ha fatto un percorso di ospedalizzazione, è guarita, ma non può tornare a casa. Si tratta di portatori di virus, per esempio di portatori sani, uno può infatti uscire dalla fase clinica, respira bene, ma deve poi finire la quarantena, altrimenti si possono infettare altri. Ci sono poi quelli che hanno problemi in famiglia, problemi di spazio: un bilocale può essere abitato da due-tre persone, e diventa una cosa molto pesante e pericolosa per altri se si reimmette una persona non ancora del tutto guarita in casa. Ci sono quelli che non possono rientrare, per esempio le forze dell’ordine, che non possono andare a dormire nelle caserme; e infine altri casi, fortunatamente rari, in cui la persona non ha una casa, in quanto abitava da amici (che non lo ospitano più) o era homeless. La proprietà ha messo a disposizione l’albergo, insieme ATS e Comune hanno pensato di usarlo come valvola di sfogo per liberare i letti degli ospedali e per superare il caos della mancanza di posti letto.
Cosa fate ogni giorno?
L’hotel, chiaramente, non è una clinica non è una residenza sanitaria, quindi abbiamo dovuto ripensare da capo tutto, dall’uso degli spazi ai servizi da mettere all’interno. I serizi sociali gestiscono questa nuova forma di ospitalità, le persone non possono uscire, neanche in corridoio, i pasti vengono passati sulla soglia; diventa un albergo un po’ particolare, il cibo viene fornito dalla ditta Pellegrini che lo fornisce abitualmente anche alle scuole. Come Medici Volontari Italiani stiamo rilevando due volte al giorno i parametri vitali, come febbre, battito cardiaco e respiro, se qualcosa non va veniamo consultati; inoltre ci occupiamo di casi di piccole patologie che non c’entrano con virus, e che vengono trattate prontamente perché comunque parliamo di persone indebolite. Al momento ci stiamo occupando di un centinaio di persone.
Cosa si prova a essere in prima linea in questo momento?
Siamo in prima linea nel senso che siamo in campo, ma in realtà siamo in seconda linea nel senso che le persone che arrivano da noi sono già in fase di guarigione. La nostra forza lavoro è attempata, anche perché nei primi dieci giorni di marzo gli ospedali hanno fatto un appello ai medici in pensione e qualcuno dei nostri ha risposto, mentre altri sono in servizio normalmente perché non ancora in pensione. È rimasta quindi una quota di forza lavoro disponibile con un’età media elevata. Noi dovremmo stare alla larga dal virus, ma abbiamo tutti voglia di fare qualcosa di utile, anche noi della vecchia guardia. C’è questa possibilità e la cogliamo, abbiamo turni coperti per i prossimi due mesi. Ai medici piace fare i medici, in questa realtà noi ci sentiamo più gratificati dal nostro mestiere, che ci consente di sentirci ancora vivi e disponibili e capaci di fare qualcosa.
Come pensi andrà nei prossimi giorni?
Negli ospedali credo sempre meglio. All’hotel le cose si sono sviluppate progressivamente, in pochi giorni siamo andati a regime, vedremo ora quando il numero degli ospiti sarà salito come ci muoveremo; la forza lavoro dovrà essere rimpolpata, perché prendere i parametri a cinquanta persone è un conto, ma a duecento è un’altra cosa. Dovremo ancora variare la nostra gestione, che deve essere elastica in relazione a quello che succede fuori dall’hotel.